Indice glicemico: cos’è e come usarlo a tavola

Cos’è l’indice glicemico

L’indice glicemico (IG) è un numero che descrive la velocità con cui i carboidrati di un alimento vengono trasformati in glucosio e immessi nel sangue dopo il pasto. Più il valore è alto, più rapidamente la glicemia aumenta: il glucosio puro è il riferimento e vale 100. Per esempio, un IG di 50 significa che l’alimento fa salire la glicemia alla metà della velocità del glucosio. Non misura dunque quanto zucchero entrerà in circolo in totale, ma solo la rapidità del picco. Sapere questo dato è utile per comprendere come diversi cibi influenzano l’energia a breve termine e per costruire pasti equilibrati che mantengano stabili i livelli di zucchero nel sangue. Valori possono variare da meno di 20 (legumi secchi) a oltre 90 (alcuni cereali soffiati). Ricorda: i numeri indicano tendenze medie su gruppi di persone sane e non sostituiscono la risposta individuale, che dipende da età, stato di salute e abitudini alimentari.

Come si calcola l’IG

Determinare l’indice glicemico è molto più complesso di quanto si possa pensare. I ricercatori reclutano volontari a digiuno, ne misurano la glicemia basale e poi somministrano 50 g di glucosio sciolti in acqua. Per due ore, a intervalli regolari di 15–30 minuti, vengono prelevati campioni di sangue per disegnare la curva di risposta glicemica. Dopo alcuni giorni, agli stessi volontari viene proposto l’alimento in esame, in quantità tale da fornire sempre 50 g di carboidrati disponibili. Si ripete identica procedura di prelievi e, con un calcolo di aree sotto la curva, si confrontano le due risposte: il rapporto, espresso in percentuale, è proprio l’IG. Questo metodo standardizzato consente di confrontare prodotti diversi, ma richiede laboratori attrezzati, tempo e analisi chimiche dettagliate per stabilire con precisione i carboidrati digeribili di ogni prova. Per questo motivo, le tabelle vengono aggiornate da consorzi internazionali ogni pochi anni e sono da considerarsi stime medie, utili per orientarsi ma non perfette al grammo.

Fattori che modificano l’indice glicemico

Il valore assegnato a un alimento non è scolpito nella pietra. Molti elementi possono far salire o scendere l’IG anche di 20–30 punti. Tra i principali si trovano: tipo di amido (l’amilosio aumenta lentamente, l’amilosio-pectina più rapidamente); presenza di fibre solubili che rallentano lo svuotamento gastrico; proteine e grassi consumati nello stesso pasto, che allungano i tempi di digestione; grado di maturazione (una banana verde ha IG più basso di una molto matura); tecniche di cottura, perché il calore gelatinizza l’amido rendendolo più facilmente accessibile; tempi di raffreddamento, che inducono retrogradazione dell’amido e lo rendono parzialmente “resistente”; processo industriale (cereali soffiati o fioccati hanno superfici più esposte agli enzimi digestivi). Persino la forma della pasta conta: spaghetti trafilati al bronzo, compatti e a essiccazione lenta, presentano IG inferiore rispetto a formati corti cotti a lungo. Tenere a mente questi aspetti permette di modulare la risposta glicemica senza rinunciare a un ingrediente: spesso basta scegliere una cottura al dente o abbinare pane e verdure ricche di fibra per ottenere un effetto più graduale.

Carico glicemico: perché è importante

L’indice glicemico descrive la velocità, ma non la quantità di glucosio che effettivamente raggiungerà il sangue. Per questo motivo i ricercatori hanno introdotto il Carico Glicemico (CG), calcolato moltiplicando IG per i grammi di carboidrati della porzione, poi dividendo il risultato per 100. Un esempio pratico rende tutto più chiaro: l’anguria ha un IG alto (circa 76), ma contiene solo 6 g di carboidrati per 100 g. Una fetta da 150 g fornisce 9 g di carboidrati: il suo CG è dunque 76×9÷100, cioè circa 7, un valore basso. Viceversa, una porzione abbondante di riso bianco (IG 73, 60 g di carboidrati a porzione da 200 g) raggiunge un CG di oltre 40. Il carico glicemico tiene quindi conto della vita reale, dove difficilmente mangiamo sempre esattamente 50 g di carboidrati da un singolo alimento. Per seguire abitudini equilibrate, considerare sia IG sia CG aiuta a evitare picchi troppo alti mantenendo porzioni adeguate alle proprie necessità energetiche.

Tabella riassuntiva degli alimenti più comuni

I valori riportati sotto derivano dalle tabelle internazionali 2021 di Atkinson e colleghi e rappresentano medie ottenute in studi pubblicati. Possono variare secondo marca, ricetta e modalità di cottura. Usa quindi i numeri come bussola, non come verità assoluta. Valori in scala: basso <55, medio 55–69, alto ≥70.

Indice glicemico medio di alcuni alimenti comuni

Indice glicemico nella vita di tutti i giorni

Passare dalla teoria alla pratica è più semplice di quanto sembri. Seguire poche strategie permette di ridurre i picchi glicemici senza rivoluzionare la cucina di casa. Per esempio, pesare le porzioni con una bilancia da cucina aiuta a controllare il carico glicemico finale. Abbinare riso bianco a fagioli o ceci, ricchi di fibra e proteine, modula la risposta glicemica del piatto completo. Raffreddare patate lessate e poi riscaldarle in padella crea amido resistente, abbassando l’IG rispetto alla patata appena scolata. Se ami i frullati, un frullatore ti permette di inserire frutta intera, semi e verdure a foglia, aumentando fibre solubili; evita invece di filtrare il succo per non perdere la parte che rallenta l’assorbimento del glucosio. In cottura, mantieni la pasta al dente e prediligi cereali integrali in chicco. Un consiglio inclusivo per tutti: riempi metà del piatto con verdure di stagione, un quarto con proteine (legumi, pesce, uova) e l’ultimo quarto con cereali o patate. Così l’IG complessivo del pasto rimane moderato mentre il gusto non ne risente. Ricorda: valori e strategie non sono prescrizioni mediche ma strumenti di consapevolezza; per esigenze cliniche specifiche rivolgiti sempre a un professionista sanitario.

Domande frequenti

Una dieta a basso IG fa dimagrire? Non esistono cibi “buoni” o “cattivi”. Ridurre l’IG può aiutare a gestire la fame e mantenere energia costante, ma il peso corporeo dipende dal bilancio energetico complessivo, dallo stile di vita e da fattori genetici. Consultare un professionista è la scelta migliore per obiettivi specifici.

Il pane integrale ha sempre IG basso? In generale è più basso di quello del pane bianco, ma il valore varia in base a lievitazione, tipo di farina, presenza di semi o zuccheri e grado di cottura. Controlla l’etichetta ingredienti e sperimenta diverse tipologie per trovare quella che meglio soddisfa le tue esigenze.

Posso usare l’IG per scegliere gli snack sportivi? Sì: durante l’attività fisica intensa potresti preferire alimenti a IG medio-alto per un rilascio rapido; nel recupero, cibi a IG medio con proteine favoriscono sintesi di glicogeno e riparazione muscolare. Tuttavia, quantità e timing sono più rilevanti della sola velocità di assorbimento.

Dolcificanti come miele o sciroppo d’agave sono migliori dello zucchero? Alcuni mostrano IG lievemente inferiore, ma forniscono comunque energia e devono essere considerati nel totale calorico. La moderazione resta la chiave.

Conclusioni

L’indice glicemico è un indicatore utile per comprendere come i carboidrati influenzano la glicemia, ma va letto insieme al carico glicemico e al contesto della dieta complessiva. Nessun alimento è proibito: giocare su porzioni, abbinamenti, metodi di cottura e tempi di consumo consente di gustare pane, pasta, frutta o dolci con maggiore consapevolezza. Calcola Pasto offre uno strumento gratuito per verificare rapidamente i nutrienti di ogni combinazione di cibi, trasformando la conoscenza in una scelta quotidiana e serena. Valori possono variare in base a marca, ricetta o preparazione: se hai dubbi clinici, consulta un dietista o il tuo medico di fiducia. Mangiare dovrebbe rimanere un piacere; conoscere l’IG è solo un passo verso una relazione più equilibrata con ciò che portiamo in tavola. Buon appetito e buona esplorazione!